Desidero esprimere il mio pieno sostegno alla campagna dell’associazione Donna Donna Onlus e alla sua fondatrice Nadia Accetti. La condivisione del suo coraggioso percorso è un dono prezioso per tutte e tutti coloro che soffrono di disturbi alimentari e lottano per lasciarseli alle spalle. Tali disturbi compromettono gravemente la salute di un numero allarmante di ragazze e anche di tanti ragazzi, provocandone nei casi più tragici persino la morte. Non possiamo limitarci a piangere queste giovani vite, dobbiamo agire – con la massima delicatezza e, soprattutto, tenendo nel debito conto le indicazioni provenienti dalle professioni sanitarie. È grazie a queste ultime che sappiamo che i disturbi alimentari sono l’espressione dei mali dell’anima, di una sofferenza della psiche – il “soffio vitale”, come la definivano gli antichi greci. Mali dell’anima che diventano anche mali del corpo, perché un corpo nutrito da un soffio vitale ammalato si ammala a sua volta. Ogni ragazza, ogni ragazzo ha la sua storia, diversa da quella di chiunque altro, e diversa sarà la cura. Perché il percorso di cura inizi, tuttavia, è importante che il problema venga riconosciuto e che si sappia che è possibile superarlo. Per questo è fondamentale parlarne, diffondere le informazioni, condividere i percorsi di guarigione. Per questo occorre sostenere iniziative come la campagna di Donna Donna Onlus e farle conoscere. Come Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, sono convinta che la scuola possa svolgere un ruolo rilevante. Da un lato, deve favorire l’emersione delle situazioni di sofferenza e disagio e, dall’altro, può contribuire alla prevenzione. Non si tratta semplicemente di intensificare l’educazione alimentare e la diffusione delle conoscenze scientifiche volte a favorire un rapporto consapevole con il cibo – sono aspetti importanti, ma non bastano. Studentesse e studenti devono e possono trovare nella scuola un luogo in cui coltivare e rafforzare la fiducia in se stessi e la propria soggettività, approfondire la conoscenza della realtà, dei suoi limiti ma anche delle sue possibilità di cambiamento, imparare a costruire la propria vita liberamente, senza dover subire la pressione sociale di modelli a cui conformarsi – per esempio, quelli che prescrivono un’idea di bellezza pericolosa per la salute (l’essere magre) o ruoli predeterminati basati sulla presunta superiorità maschile. È un percorso reso difficile da ostacoli insidiosi: i pregiudizi e gli stereotipi, per esempio, che alimentano le discriminazioni, la violenza di genere, il bullismo. Per contribuire a superarli, occorre un profondo cambiamento culturale. Lo scorso ottobre il MIUR ha lanciato il Piano Nazionale per l’Educazione al Rispetto: dieci azioni, accompagnate dall’hashtag #Rispettaledifferenze, per contrastare ogni forma di violenza e discriminazione e favorire il superamento di pregiudizi e disuguaglianze, secondo i principi espressi dall’articolo 3 della Costituzione. Tra le azioni previste, ricordo in particolare le nuove Linee di orientamento per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo, in attuazione della legge n. 71/2017, e le Linee Guida Nazionali “Educare al rispetto: per la parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le forme di discriminazione”, in attuazione del comma 16 della legge n. 107/2015. Si tratta di un’iniziativa che – ne sono convinta – contribuirà ad attivare e rafforzare quel cambiamento culturale di cui tutte e tutti noi abbiamo bisogno.

Valeria Fedeli
Ministra dell’ istruzione università e ricerca